In questi giorni mi trovo spesso con donne in gravidanza che credono di non poter scegliere. O meglio, qualcuno ha fatto credere loro che non ci sia nessun potere decisionale nella nascita.
La nascita non è un trattamento sanitario, ma un’esperienza.
Seppur volessimo avere una visione riduzionistica, non si può fare alcun trattamento che riguarda il corpo della madre e del bambino, senza previo consenso. La cultura profondamente patriarcale non lascia spazio alla scelta, l’altro è subalterno, la relazione è asimmetrica.
Ma è compito di chi assiste di saturare l’informazione, cioè di dare un’informazione completa, basata su EBM e integrare il vissuto emotivo, corporeo della madre e della coppia per permettere di scegliere in maniera consapevole, quindi agire e non subire. Questo è possibile farlo in un percorso in gravidanza con l’operatore di riferimento oppure nei corsi di accompagnamento alla nascita che lavorano sul processo di autodeterminazione della madre e della coppia nel percorso nascita.
In sala parto, nella nascita si può scegliere , è un diritto, come descritto e raccomandato da Diritti Umani nella nascita e promosso e sostenuto da Freedom for birth
Si deve poter scegliere la posizione che il nostro corpo vuole assumere. Questo è importante perché il dolore è guida e quindi ha funzione protettiva per la madre e per il bambino.
Si deve poter scegliere chi può sostenerci in travaglio e parto comela presenza del partner o di altre persone di fiducia. Questo non solo aumenta la possibilità che una donna riesca ad affrontare questo momento di grande trasformazione, ma che non venga privata della presenza delle sue “potenze ecologiche” portatrici di salute.
Scegliere ogni procedura fatta sul proprio corpo e sul corpo del bambino, dopo una informazione saturata, il tempo necessario per ascoltare e decidere è un diritto.
Il corpo del bambino non ha nessun garante se non la madre e il padre i quali secondo il loro sentire e i loro valori, devono costruire la sua salute globale.

C’è profonda differenza tra fidarsi ed affidarsi.
Il primo è un moto attivo , il secondo, invece, è passivo. Il fidarsi implica l’ascolto di sé, il protagonismo e l’empowerment in una relazione nella quale le decisioni sono condivise dalla coppia con gli operatori. Il fidarsi implica un atto di fiducia nelle proprie capacità generatrici e genitoriali e una fiducia in chi ti accompagna.
L’affidarsi vuol dire uscire dal processo decisionale; vuol dire non avere fiducia nel proprio potenziale, sarà l’ ”ostetrica/ medico che mi ha fatto partorire. In questo caso non si agisce la nascita come processo di trasformazione, ma si subisce.
Raccolgo storie di donne, talvolta, distrutte dall’esperienza di nascita e il filo conduttore è sempre quello di essersi sentite oggettificate e non protagoniste del processo, di non aver compreso cosa accadesse o di essere profondamente giudicate per le proprie scelte.
Le scelte Woman Friendly rispondono all’istinto di autorealizzazione, sono talvolta scomode e disturbano la routine e mettono in discussione il sistema.
Pretendete di essere protagoniste della nascita, voi avete la potenza creatrice e gli altri devono solo vegliare e sostenere e scegliere insieme a voi.
Il rispetto per le donne e per il genere umano inizia dal chiedere il permesso per entrare in un’esperienza così intima e così profonda come la nascita .