L’esperienza della nascita è un processo di grande apertura del nostro centro, del nostro ventre e del nostro essere. In travaglio, alterniamo momenti di estremo piacere, gioia e eccitamento, a momenti di estrema paura, terrore, turbamento.

La nostra parte ancestrale viene a galla, bella e potente, fragile e delicata come deve essere.

Aprirsi al sentire della nascita vuol dire sentire il dolore della separazione, della paura atavica di morire, che fa scendere nella caverna e fa tremare, la stessa capace di concederci un’estasi esplosiva di gioia e amore, di gratitudine e di commozione mai provato.

Le donne per permettersi il lusso di essere vulnerabili, devono sentire che intorno a loro c’è un luogo sicuro, un luogo che non giudica la natura selvaggia, uno sguardo che conosce la loro storia e ne legge i lineamenti. Un giorno mentre assistevamo un parto intenso e potente, come solo i parti a domicilio sanno essere, una madre ha detto con voce seria di avere paura, di aver paura di ritornare ad essere quella bambina separata dalla madre.

Per scendere nella caverna e potersi separare da chi nasce, c’è bisogno di qualcuno venuto  a dirti che anche nel momento di massima apertura e vulner-abilità nessuno ti separerà da te stessa e dal tuo bambino.

Quelle parole furono sacre per poter permettere a quella madre di dare alla luce e darsi alla luce.

Ho imparato allora che la vulnera-abilità è la chiave per essere consapevoli e protagoniste dell’esperienza, vuol dire esprimersi e lasciarsi esprimere nel corpo senza inibizione, vuol dire lasciar fare al corpo e alla sua sapienza e concedersi il lusso di attraversarla.

Per godere della gioia del parto, permettetevi il lusso di essere vulner-abili, provate a scegliere l’ambiente migliore per voi e l’assistenza che possa permettervi una tale apertura e intensità.